In questo periodo in cui in poche settimane si sono azzerate tutte le nostre certezze, abbiamo dovuto fare i conti con situazioni nuove e difficili, sia dal punto di vista umano che professionale. La sicurezza dell’esperienza ha iniziato a vacillare e abbiamo dovuto rivedere e modificare il nostro approccio all’insegnamento- apprendimento.
Siamo “partiti in quarta”, insegnanti e genitori, perché i nostri bambini non avrebbero dovuto perdersi nulla.
Poi abbiamo rallentato, abbiamo proceduto per prove ed errori. E siamo finalmente approdati alla consapevolezza dell’ineluttabilità della nuova didattica, definita “La Didattica della Lentezza”.
Obiettivi e contenuti della programmazione non costituiscono più la nostra stella polare. La lentezza si esplica nel porci nuove priorità: non più correre per completare il programma, ma dare spazio alle soft skills, al saper fare, alla capacità di essere flessibili, alla collaborazione, ai legami della comunità scolastica.
E alla comunicazione.
Nelle lezioni in video conferenza, di cui tutti, insegnanti, alunni, genitori, nonni, abbiamo appreso i rudimenti a tempo di record, i nostri visi sono sfocati, le nostre voci arrivano in ritardo. Quando va tutto bene siamo delle piccole faccine su uno schermo inserito nel contesto casalingo, tra il peluche preferito e il gatto che passeggia appena dietro. Non si colma il senso di distanza.
Più che mai allora ritorna la parola scitta, la rappresentazione del pensiero.
E allora ecco che i nostri alunni hanno provato ad esprimersi. Con un po’ di difficoltà, con qualche incertezza (ma è un compito o no?) hanno provato a raccontarsi, a descrivere questi giorni in cui tutti gli adulti sembrano essere un po’ disorientati.
In una classe dove solitamente i compiti vengono svolti con regolarità, solo dodici alunni hanno raccolto l’invito a comunicare qualcosa di sé. E gli undici che non hanno inviato nulla, con il loro silenzio, comunicano anch’essi: sicuramente la difficoltà delle famiglie a stare dietro a tutte le consegne e i problemi tecnici di mezzi e connessioni, ma forse anche la capacità di resilienza che hanno alcuni bambini e il disagio di altri a doversi esprimere su una situazione nuova e inquietante.
Vi scrivo dal presente, titolo che è una parafrasi della lettera-articolo della scrittrice Francesca Melandri, è una piccola raccolta di pensieri, uno zibaldone di brevi riflessioni, estrapolati da testi più lunghi. Che fanno pensare, che fanno sorridere, che fanno capire come anche i piccoli abbiano molto da dirci. Un’ulteriore testimonianza della leggerezza e della freschezza dei bambini. Un mezzo per raccontare le piccole cose della vita quotidiana. E per ribadire che la scuola, oltre ad essere il luogo dell’apprendimento formale, è anche un ambiente di vita, una comunità, un vero laboratorio di esperienze, di interazione e socializzazione.
Buona Lettura!